21 settembre 2012

Pratica di miditazione

Mi sembrano buoni consigli per una facile meditazione.

Istruzioni essenziali sulla Grande Perfezione ( Dzog.pa Chen.po )

Dilgo Khyentse Rinpoche

La pratica quotidiana consiste semplicemente nello sviluppo di una
completa accettazione e dell'apertura a tutte le situazioni ed
emozioni, a tutte le persone, facendo esperienza di tutto senza
riserve e blocchi mentali in modo da non ritirarsi o incentrarsi su se
stessi.

Ciò produce una tremenda energia che di solito è chiusa nel processo
dell'evasività della mente e nella generale fuga dalle esperienze
della vita.

La chiarezza della coscienza potrebbe, nei suoi stadi iniziali, essere
poco piacevole o ispirare della paura; se è così, allora ci si
dovrebbe aprire completamente al dolore e alla paura, e dargli il
benvenuto.
In tal modo le barriere create dalle proprie abituali reazioni emotive
e dai propri pregiudizi sono abbattute.

Quando si effettua la pratica meditativa uno dovrebbe sviluppare la
sensazione di aprirsi all'intero universo con assoluta semplicità e
con la mente nuda, liberandosi da tutte le barriere protettive.

Quando meditate non dividetevi in due, con una parte della mente che
guarda quell'altra come il gatto che osserva il topo.

Si dovrebbe realizzare che non si medita per andare in profondità
dentro se stessi e ritirarsi dal mondo. Nello yoga buddhista, persino
quando si medita sui chakra non c'è una concentrazione introspettiva:
il punto essenziale è la completa apertura della mente.

Tutti gli aspetti di ogni fenomeno sono completamente chiari e lucidi.

L'intero universo è aperto e senza ostruzioni, e tutte le cose si
interpenetrano mutualmente. A guardare tutte le cose in modo chiaro e
libero da oscurità, non c'è nulla da ottenere o realizzare.

La natura delle cose appare naturalmente ed è naturalmente presente
nella consapevolezza che trascende il tempo; questa è completa
apertura.

Tutte le cose sono perfette così come sono, completamente pure e senza macchia.

Tutti i fenomeni appaiono naturalmente e originalmente nei loro modi e
situazioni corretti, formando modelli sempre mutevoli di senso e
significato, come partecipanti a una grande danza.

Ogni cosa è un simbolo, eppure non c'è differenza tra il simbolo e la
verità simbolizzata.

Senza alcuno sforzo di pratica, liberazione, illuminazione e buddità
sono pienamente sviluppate e perfette.

Questa è la naturale perfezione.

La pratica quotidiana è semplice ed ordinaria, come la vita stessa.

Poiché una condizione sottosviluppata non esiste, non c'è bisogno di
comportarsi in qualche modo speciale o cercare di praticare o ottenere
qualcosa.

Non ci dovrebbe essere alcun bisogno di sforzarsi per raggiungere
qualche meta elevata o qualche stato superiore; ciò semplicemente
produce qualcosa di condizionato o artificiale che agisce come
un'ostruzione al libero fluire della mente .

Uno non dovrebbe pensare a se stesso come "peccatore" o indegno, ma
come naturalmente puro e perfetto senza mancare di nulla.

Quando si effettua la pratica meditativa si dovrebbe pensare ad essa
come ad una funzione naturale della vita quotidiana, come mangiare o
respirare, non come un evento speciale o formale da intraprendere come
con grande serietà e solennità.

Si deve realizzare che con la meditazione si va al di là di sforzo,
pratica, scopo e meta, e oltre il dualismo di schiavitù e liberazione.

La meditazione è sempre perfetta e così non c'è nessun bisogno di
correggere alcunchè.

Poiché tutto ciò che sorge è semplicemente il gioco della mente, non
ci sono "cattive" sessioni meditative e non c'è bisogno di giudicare i
pensieri come buoni o cattivi.
Perciò uno non dovrebbe sedersi a meditare con varie speranze o paure
circa il suo esito: uno la fa senza sensazioni di auto-coscienza del
tipo "sto meditando" e senza tentare di controllare o forzare la
mente, e senza tentare di diventare pacifico.

Se si trova che si sta andando alla deriva in uno di questi modi, si
dovrebbe smettere di meditare e semplicemente riposarsi e rilassarsi
un po' prima di riprendere.

Se, durante o dopo la meditazione, si hanno esperienze che si
interpretano come risultati, non se ne dovrebbe fare nulla di
speciale; basta riconoscere che sono solo dei fenomeni e
semplicemen-te osservarli.

Soprattutto non cercare di ricrearle poiché ciò si oppone alla
naturale spontaneità della mente.

Tutti i fenomeni sono completamente nuovi e freschi e assolutamente
unici, totalmente liberi da ogni concetto di passato presente e
futuro: come se fossero esperiti in un'altra dimensione del tempo.

Questa è l'assoluta spontaneità.

La continua corrente di nuove scoperte e fresche rivelazioni e
ispirazioni che sorgono ad ogni momento è la manifestazione
dell'eterna giovinezza del dharma vivente e delle sue meraviglie;
splendore e spontaneità sono come un aspetto di gioco e danza
dell'universo in quanto guru.

Uno dovrebbe imparare a vedere la vita di ogni giorno come il mandala
nel quale uno è al centro, ed essere libero dai pregiudizi del
condizionamento passato, dei desideri presenti e delle speranze e
delle aspettative future.

Le figure del mandala sono gli oggetti quotidiani delle proprie
esperienze di vita che si muovono nella grande danza del gioco
dell'universo, il simbolismo per il quale il guru rivela profondi e
definitivi sensi e significati. Perciò siate naturali e spontanei,
accettate ed imparate da ogni cosa.

Osservate la parte comica e divertente delle situazioni al loro
inizio. Nella meditazione guardate attraverso l'illusione di passato,
presente e futuro.
Il passato non è che una presente memoria o condizione, il futuro solo
una proiezione presente, e il presente stesso svanisce prima che possa
essere afferrato.

Si dovrebbe mettere fine ai concetti sulla meditazione e liberarsi
dalle memorie del passato. Ogni momento di meditazione è completamente
unico e pieno di potenzialità di nuove scoperte e così si diventa
incapaci di giudicare la meditazione da esperienze passate o da
teorie.

Semplicemente tuffatevi dritti nella meditazione in questo stesso
momento con tutta la vostra mente, e siate liberi da esitazioni, noia
o eccitazione.

Quando si medita, la cosa migliore possibile è sedere tradizionalmente
con le gambe incrociate, la schiena dritta ma non rigida . Tuttavia,
essendo importantissimo sentirsi a proprio agio, è meglio stare su una
sedia se la posizione a gambe incrociate è dolorosa.

La propria attitudine mentale dovrebbe essere ispirata in modo che la
meditazione sia con o senza forma; potrebbe essere desiderabile, se
non essenziale, far precedere a un periodo di meditazione senza forma,
un periodo di meditazione con forma.

A provvedere per questa eventualità, da secoli di pratica buddhista
sono state sviluppate delle pratiche meditative preliminari, le più
importanti essendo la meditazione sul respiro, la recitazio-ne di
mantra e le tecniche di visualizzazione.

Per impegnarsi nelle ultime due, si richiedono istruzioni personali
dal proprio guru, ma qualche parola sulla prima non sarebbe qui fuori
luogo poiché il metodo varia poco da persona a persona.

Dapprima lasciate che la mente segua il movimento del respiro, dentro
e fuori, finché esso diventa calmo e tranquillo. Poi continuate a
lasciare la mente sul respiro finché il proprio intero essere sembra
identificarsi con esso.

Alla fine siate coscienti che il respiro lascia il corpo e va fuori
nello spazio, e gradualmente trasferite l'attenzione dal respiro alla
sensazione di spaziosità ed espansione.

Lasciando che quest'ultima sensazione si fonda nella completa
apertura, ci si muove nella sfera della meditazione senza forma.

Probabilmente questa descrizione apparirà vaga ed inadeguata. Questo è
inevitabile perché si tenta di descrivere ciò che non solo è oltre le
parole, ma anche oltre il pensiero. È un invito alla pratica di ciò
che è, essenzialmente, uno stato dell'essere.

Queste parole sono una forma semplice di upaya, un'allusione che se
raccolta potrebbe far sorgere spontaneamente la propria innata
saggezza e la propria azione naturalmente perfetta.

A volte nella meditazione si potrebbe far esperienza di un intervallo,
di uno spazio vuoto nella propria normale consapevolezza, una
improvvisa e completa apertura. Questa esperienza sorge quando uno
abbia cessato di pensare in termini di meditazione e oggetto della
meditazione.

Si tratta di uno sguardo veloce sulla realtà, un lampo improvviso che
accade dapprima con scarsa frequenza, e poi, con la pratica continua,
più e più frequentemente. Potrebbe non essere un'esperienza
particolarmente devastante o esplosiva, ma solo un momento di grande
semplicità.

Non fate l'errore di cercare deliberatamente di forzare queste
esperienze a ritornare, perché ciò tradisce la naturalezza e la
spontaneità della realtà.

Che questo scritto possa essere utile a molti.

Luigi
Per info:
luiscer@tiscali.it

Sito web:
www.vitamigliore.org

Lapacho

Le proprietà curative di questa pianta mi sembrano particolarmente interessanti.




Gli indigeni sudamericani raccolgono da migliaia d’anni la parte interna della corteccia di un albero chiamato appunto Lapacho (Tabebuia Avellanadae). Questo
albero che cresce nelle foreste amazzoniche e nelle montagne di Paraguay, Argentina, Brasile e le zone montagnose della Bolivia e del Perù ha la particolarità
che la sua corteccia appena tolta ricresce molto velocemente senza arrecare alcun danno alla pianta stessa.

Il Lapacho appartiene alla famiglia delle Bignoniacee ed è anche noto col nome portoghese di pau d’arcu, che significa “bastone per archi”.

I suoi fiori I fiori sono gialli con varietà rosa, rossi e purpurei; il frutto è una lunga capsula legnosa con all’interno dei semi alati.

Recenti ricerche hanno dimostrato che il Lapacho è efficace nella riduzione di infiammazioni, dolori ed impurità, nella funzione antimicrobica, antiparassitaria
ed antifungine, stimola il sistema auto-immunitario, ha un’azione antiossidante con un utilizzo simile a quello dell’Echinacea e del Ginseng e non contiene
caffeina.

Questa pianta contiene grandi speranze per l’effettivo trattamento di alcuni tumori, tra cui la Leucemia, della Candida e di altre fastidiose infezioni,
così come di malattie debilitanti (incluso l’artrite) e una moltitudine di altri disturbi.

Il Lapacho può essere usato periodicamente come prevenzione durante la stagione fredda e tutte le volte che la possibilità di infezioni è elevata. La nostra
salute sia fisica che mentale dipende esclusivamente dallo stato dei liquidi del nostro corpo e cioè sangue, linfa e liquidi cellulari che se vengono danneggiati
portano i nostri organi ad ammalarsi.

La maggior parte delle cause delle malattie vanno ricercate nella contaminazione e avvelenamento dei liquidi del nostro corpo dovuto a una nutrizione non
corretta e a un modo di vivere sbagliato; infatti la cattiva alimentazione, il digiuno prolungato e l’uso di troppa carne portano lo stomaco e l’apparato
digerente in generale a uno stato di affaticamento tale per cui si ha un calo della forma fisica.

Attraverso una cattiva digestione, dovuta anche al mangiar in fretta, si arriva alla formazione di feci dure e ad un aumento dei microbi parassiti che con
la produzione dei loro veleni alterano la flora intestinale; per cui in un certo senso l’intestino diventa la fabbrica dei veleni per il nostro corpo che
poi raggiungono il fegato ed entrano nelle cellule di tutto l’organismo. E’ quindi necessario disintossicare l’organismo e ripristinare la flora batterica.

Il Lapacho stimola la produzione delle cellule della serie rossa e per la sua azione depurativa e utile anche nelle affezioni cutanee dovute a una diminuita
eliminazione dei prodotti di scarto metabolico.

lapacho rosso
Il Lapacho è una delle piante migliori per la purificazione dell’organismo, senza richiedere un grosso dispendio di energia; esso infatti aiuta a ristabilizzare
le difese del proprio corpo rafforzando il sistema immunitario.

Il nostro corpo è, almeno apparentemente, insensibile agli agenti patogeni e ai materiali velenosi che però giornalmente disturbano l’equilibrio dell’organismo.
Esso è anche in grado di sviluppare anticorpi, se necessari, ma la vera difesa è data dalla salute che è strettamente legata al corretto funzionamento
del fegato, reni e sistema linfatico.

II Lapacho è per il fegato e il sistema linfatico la pianta migliore, mentre i reni possono migliorare la loro attività con Solidago, Ortosiphon, Barbe
del mais e altre piante, arrivando cosi a ridurre il rischio di malattie.

Ricordiamo che le piante ad azione purificante e disintossicante spesso sono più efficaci di qualsiasi altra terapia.

Il Lapacho contiene anche una speciale combinazione e concentrazione di sali minerali abbastanza rari o elementi in tracce: calcio, magnesio, fosforo, zinco,
cromo, silicio, manganese, molibdeno, rame, ferro, potassio, sodio, cobalto, boro, oro, argento, stronzio, bario, nichel.
 Da Filippo Tartaglini

Che Per info:
luiscer@tiscali.it
Sito web:
www.vitamigliore.org

S

09 settembre 2012

L'ascolto del sottile



 L'ascolto del "sottile"
di Sahaja Ellero

La meditazione è ascolto. È un processo di ritorno al nostro centro. È
imparare a confrontarci con la vita e con il nostro ambiente partendo
da chi noi siamo e non da come gli altri cercano di definirci.

Nella costante frenesia delle nostre vite, capita a volte che
diventiamo simili a strumenti musicali stonati: poiché non siamo più
in grado di udire le note fondamentali in noi stessi, la nostra
interazione con la vita e con gli altri produce solo dissonanze. Ci
sentiamo allora scollegati dal nostro centro, immersi in una realtà
ostile, insicuri sulla strada da seguire e incapaci di fluire con
l'eterno flusso della Vita.

La meditazione è il mezzo per "accordare" il nostro strumento. Ci
insegna ad ascoltare le note fondamentali del nostro essere. Così come
un violinista, mentre accorda il suo violino, deve ascoltare con
attenzione certe note chiave, anche noi dobbiamo ascoltare quello che
la vita cerca di dirci, sia per mezzo di eventi e di persone, sia per
mezzo dei sussurri della nostra anima.

Con il silenzio nato dalla meditazione, la nostra mente impara un po'
alla volta a sospendere la sua abituale attività di analizzare, di
soppesare alternative, di "parlare" così tanto da non poter udire le
melodie che la supercoscienza le invia.

Per qualche minuto, proviamo dunque a fermare questo processo.
Cerchiamo di entrare in quello stato di coscienza che è lì prima
ancora che comincino i pensieri. Via via che diventiamo calmi,
riusciamo più facilmente ad ascoltare il silenzio interiore.

"Ascoltare" significa essere pienamente consapevoli, senza scivolare
via con la mente in un piacevole stato subconscio, ma elevandoci fino
a uno stato di coscienza più elevato.

Ci sono infatti tre stati di coscienza: non solo quello conscio e
quello subconscio, ma anche quello superconscio. "La mente conscia è
il nostro stato abituale di veglia e rappresenta solo una piccola
parte della coscienza totale"....

"La mente conscia è il nostro stato abituale di veglia e rappresenta
solo una piccola parte della coscienza totale" scrive Swami
Kriyananda, da oltre trent'anni uno dei massimi esponenti dello Yoga
in Occidente, nel suo libro "Io amo meditare (Ananda Edizioni)", un
prezioso manuale ricco di consigli pratici sia per chi vuole imparare
a meditare che per chi medità già. "Una parte di gran lunga più vasta
giace nel subconscio, che è la parte nascosta ma spesso dominante
della nostra psiche. Il subconscio è come un immenso oceano, con i
suoi fondali di montagne, vallate e vaste pianure. La consapevolezza
cosciente emerge da questo oceano come una piccola isola; invisibile
al suo abitante è l'immensa regione subacquea che la circonda: le
infinite abitudini, tendenze e sensazioni indistinte che giacciono
sotto la mente conscia e rappresentano una zona più indistinta,
nondimeno molto reale, della nostra consapevolezza totale".

La supercoscienza, al contrario, rappresenta un grado molto più
elevato di consapevolezza; anzi, è la vera fonte di tutta la
consapevolezza. Sia la mente conscia sia quella subconscia si limitano
a filtrare quella consapevolezza più elevata, abbassandola, per così
dire, come il trasformatore converte un voltaggio elevato in uno
inferiore e fa sì che la corrente elettrica possa essere utilizzata
nelle case.

"Si può paragonare la supercoscienza al cielo infinito sopra di noi,
con le sue innumerevoli stelle" scrive ancora Kriyananda. "Sappiamo
che le stelle sono sempre lassù, scintillanti, eppure possiamo vederle
unicamente quando il sole non le oscura inondando il cielo con la sua
luce. La luce del sole, in questa analogia, rappresenta i pensieri e
le emozioni generati dall'ego, che offuscano la consapevolezza
supercosciente nel cielo della nostra mente. La supercoscienza è
comunque sempre con noi; semplicemente, non è attiva nel normale stato
di veglia cosciente".

La supercoscienza è situata, come dice il nome, al di sopra del nostro
stato di veglia cosciente. Da quel livello superiore provengono
occasionalmente profonde intuizioni e ispirazioni, quando la mente si
trova in uno stato di calma e di elevazione spirituale. Queste
intuizioni, a volte, penetrano la luce dello stato di veglia dell'ego,
come le splendenti comete che a volte si intravedono nel cielo anche
in una giornata luminosa.

La supercoscienza è il regno dell'autentica intuizione. È qui che
sperimentiamo l'estasi nei momenti di intensa preghiera o di
elevazione interiore, quando l'irrequietudine dell'ego è stata per un
attimo domata. È qui che sperimentiamo la nostra Essenza più profonda:
la pace, la gioia, l'amore del nostro vero Sé.

Attraverso la meditazione, mantenendo la mente in uno stato di
ricettività, impariamo presto ad ascoltare questa verità interiore,
nella tranquilla consapevolezza della supercoscienza. La meditazione
quotidiana ci guida allora alla pace che abbiamo così a lungo cercato:
la pace dell'anima che ci attende al centro del nostro vero essere.

Che questo scritto possa essere utile a molti.
Per info:
luiscer@tiscali.it
Sito web:
www.vitamigliore.org